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L’opinione sulla personale presso il Blackshed

Di Antonio Chiarello – Docente area umanistica

Foto di Francesco Turco

Ho recentemente visitato una interessante mostra del giovane pittore Andrea Barnaba Parise, organizzata in un moderno e atipico locale a Cosenza.

Il Blackshed, sito in Via Nicola Serra, è un cocktail bar che ha
tentato l’inedita comunione tra il desiderio di evasione e la cultura.

Un binomio insospettabile in un ambiente giovanile, dove dovrebbe dominare il nichilismo esasperato. Ancora più sorprendente è il tema
scelto: la raffigurazione dell’angoscia contemporanea attraverso la rivisitazione del sacrificio di Cristo.

La mostra è stata inaugurata lo scorso venerdì santo per sottolineare il carattere simbolico dell’evento.

Il quadro con cui inizia la mostra, posto di fronte all’ingresso, è il Cristo in croce.

La croce dalla quale sporge il corpo evanescente, drammaticamente diventato uno sgorbio, si mostra in rilievo. La testa sembra abbandonata nel nulla e le ginocchia protese verso un cielo incredibilmente azzurro in netta contrapposizione con la rappresentazione tradizionale della crocifissione. La scena è raffigurata in vividi colori.

Il bianco dominante trasforma la corporeità in mistica evanescenza, un sudario che nasconde le profonde ferite e l’atrocità del supplizio. Il rosso del sangue che sgorga dalle mani richiama la cresta del gallo che con il suo canto sottolinea il tradimento di Pietro. Nella rievocazione tradizionale, nel momento più sublime del ricongiungimento con il Padre, la terra trema, il cielo si oscura, la natura tutta si ribella per
la grande ingiustizia che si sta consumando.

La convulsione degli elementi sottolinea il dramma dell’umanità per la cui salvezza si è reso necessario di sacrificio del Verbo.


«L’azzurro del cielo terso vuole sottolineare come la tragedia di Cristo sia, sì, dolorosa, ma allo stesso tempo necessaria» — sottolinea il giovane pittore Andrea Barnaba — «Il sacrificio di Cristo è un gesto d’amore che fa parte di un disegno più grande. Ecco perché nel mio Crocifisso ho scelto di non
rappresentare un cielo nuvoloso o tempestoso.»


Proseguendo nella galleria superiore, si resta colpiti dai primi due quadri dove la sofferenza umana del Cristo sottoposto a una terribile prova di crudeltà appare subito evidente per la forma di realismo estetico evidente. Ne seguono altri in cui il dramma di Cristo si confonde con la crisi esistenziale contemporanea.

Ciascuno di essi è in certo qual modo assimilabile alle macchie di colore alla Rorschach, che esprime uno
stato d’animo legato alla sensibilità individuale, alla capacità di compenetrarsi alla difficoltà dell’esistenza.

Sono quadri che esprimono la tragedia umana vissuta dal Cristo, che esprimono non solo il dolore fisico ma soprattutto il dolore morale. La tragedia dell’uomo antico che è anche la tragedia dell’uomo moderno che si trova in croce in questo mondo in cui sembra prevalere il malaffare, l’iniquità e l’ingiustizia.

Soprattutto in alcuni quadri prevale l’oscurità, il buio dietro il quale si nasconde il male. In ognuno di essi vi sono purtuttavia dei piccoli segnali di luce che simboleggiano la capacità che la forza della spiritualità è sempre in grado di risollevare lo spirito.

Viviamo un dramma, ma abbiamo dentro di noi le risorse per poter affrontare le difficoltà e le oscurità dell’essere.

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