Categorie
Espressione artistica

L’arte è inutile?

tempo di lettura: 3 min

Sempre più spesso sentiamo dire che l’arte sia inutile, eppure esprimersi attraverso di essa sembra una delle necessità più naturali in assoluto.

L’utilità è un buon parametro per giudicare l’arte?

Il senso critico può aiutare un’individuo all’interno della propria esistenza?

Ne discuteremo in questo articolo.

Puoi guardare il video qui sotto, oppure utilizzare il resoconto scritto con i punti principali del ragionamento.

  1. Incontrare una persona puramente votata all’arte è quantomai raro. Una persona che abbia sviluppato un acuto senso critico nei suoi confronti.
  2. Non è un caso che il critico d’arte sia uno dei “mestieri” più ostici del mondo. Perché non basta avere la conoscenza, ma anche saperla applicare in diversi contesti. Quello artistico può essere il più contesto criptico in assoluto. Insomma, è risaputo che per essere critici d’arte non basti di certo una laurea in storia dell’arte.
  3. Abituare il proprio spirito critico all’arte significa prepararlo alla vita.
  4. L’arte, infatti, sotto molti aspetti diventa metafora perfetta dalla vita.
  5. Il filosofo esistenzialista Gabriel Marcel, ad esempio, sosteneva che non si possa parlare della vita come un problema.  La vita, continuava Marcel, non è un qualcosa che troviamo di fronte, al contrario noi siamo immersi nella vita, siamo parte della vita. Diventa impossibile analizzarla con distacco. Ecco perché la vita si manifesta soprattutto come mistero (Marcel, Essere e Avere, 1935).
  6. La scienza, al contrario, con la sua tendenza ad oggettivare gli elementi che prende in considerazione, tende a creare una spartizione netta tra oggetto e soggetto, in modo tale da analizzarlo in maniera asettica.
  7. L’opera d’arte è tanto misteriosa come la vita. Forse, però, è già possibile definirla un problema. L’opera, infatti, è normalmente qualcosa che ci sta avanti.
  8. Si tratta di abituare la nostra sensibilità e il nostro occhio ad interpretare un microsistema da cui riusciamo, molte volte, a ottenere una visione d’insieme.
  9. L’abitudine a sviluppare una visione d’insieme è quanto di più utile possa esistere per condurre la propria esistenza e per cogliere la meraviglia del creato. Osservare una foresta e cogliere delle metafore, o semplicemente il caotico ordine in cui si dispongono gli alberi, ci aiuta a vivere in modo molto più profondo e intenso.
  10. Sviluppare un senso critico artistico, infatti, significa soprattutto allenarsi a entrare in rapporto con ciò che ci circonda, senza rimanere perennemente distaccati.
  11. Significa aver la possibilità di entrare in comunione con il creato, cogliendone i misteri. Perché lo spirito critico nasce e si potenzia solo attraverso la meraviglia.
  12. In definitiva, allenare il proprio senso critico attraverso l’arte, significa imparare a interrogarsi su ciò che abbiamo di fronte: che sia un albero, una stella, o la propaganda.

Per altri contenuti simili puoi controllare il canale YouTube:

Per altri articoli:

Categorie
Espressione artistica

L’arte contemporanea è vuota?

Tempo di lettura: 4 minuti

Hai mai avuto la sensazione che l’arte contemporanea sia vuota?

Hai mai dubitato della validità di un’opera esposta in un museo?

Se è così, questo articolo fa al caso tuo.

Ci interrogheremo circa la ricerca artistica e come questa viene interpretata da una grossa parte della scena internazionale.

Puoi guardare il video qui sotto, oppure utilizzare il resoconto scritto con i punti principali del ragionamento.

  1. Oscar Wilde scriveva: «technique is really personality», ovvero: «la tecnica è in realtà personalità» (Wilde, Il critico come artista).
  2. Questo spunto di Wilde è un buon punto di partenza per condurre un ragionamento intorno alla ricerca artistica.
  3. La personalità dell’artista, è quasi ovvio, svolge un ruolo centrale all’interno di ogni ricerca.
  4. La ricerca, però, dovrebbe tendere verso l’espressione di contenuti nel modo più onesto possibile. Lo stile, la novità e l’originalità sono soltanto gli effetti collaterali di tale percorso, non il suo fine ultimo.
  5. Ecco perché Wilde associa la tecnica alla personalità: la tecnica, ovvero il modo in cui un artista si approccia all’opera, dovrebbe svilupparsi naturalmente seguendo la sua personalità.
  6. Se un artista sarà stato capace ci lavorare su se stesso e esprimere appieno la propria personalità, va da sé che le sue opere risulteranno anche contraddistinte da una luce peculiare.
  7. La situazione dell’arte contemporanea appare in larga parte agli antipodi. La “ricerca artistica” sembra sempre più finalizzata alla necessità della novità a tutti i costi. Questo comporta uno stravolgimento del giudizio del punto 4.
  8. Cosa mi sembra contrapporsi in modo deciso a questa logica perversa?
    Un esempio può essere il modo di operare degli artisti medioevali e rinascimentali.
  9. Nell’arte di questi due periodi storici osserviamo quasi sempre le stesse scene, perlopiù di stampo cristiano. L’artista non desiderava sconvolgere il pubblico o ricercare la novità. Aveva una scena da sviluppare, come l’Annunciazione, e cercava di farlo nel miglior modo possibile.
  10. Ma forse per questo l’Annunciazione di Leonardo (immagine precedente) non fu una novità?
    Forse per questo l’Annunciazione di Botticelli non è contraddistinta dal suo stile peculiare? (immagine successiva)

10. Chiunque ha visitato delle mostre dalla dubbia validità artistica. Mostre che presentavano soltanto una serie di “trovate”. Molti artisti, infatti, sgomitano per mostrarsi originali nella speranza di portare delle novità, non rendendosi conto di alimentare un sistema nichilistico sempre più autoreferenziale.

11. Questi artisti non fanno che fomentare l’impressione che l’arte contemporanea sia vuota.

12. In conclusione, sarebbe giusto chiedersi: chi mai cercherebbe l’originalità a tutti costi, se non chi non è originale?

Per altri contenuti simili puoi controllare il canale YouTube:

Per altri articoli:

Categorie
Espressione artistica

Artisti o simulatori? Educarsi all’emozione

Tempo stimato di lettura: 4 minuti

Il confine tra artisti e simulatori sembra molto labile.

Perché soprattutto oggi diventa importante educarsi alla vita emozionale?

Perché si ha sempre più spesso la sensazione che molti siano considerati artisti senza un vero e proprio merito in ambito artistico?

In questo articolo troverai una riflessione che parte da alcune categorie elaborate da Erich Fromm all’interno di Avere o Essere?.

Puoi guardare il video qui sotto, oppure utilizzare il resoconto scritto con i punti principali del ragionamento.

  1. Fromm evidenzia lungo tutte le sue opere come il contesto capitalistico contemporaneo tenda a conformare il carattere dei singoli individui.
    Il risultato di questo conformismo è quello che lui definisce carattere mercantile.
  2. Il carattere mercantile non permette alle persone di sviluppare un vero e proprio io. O meglio: il carattere mercantile ha bisogno di un io smisurato ed egoistico, colmo di avidità, però deve sempre rispondere alle richieste del mercato. Quindi l’io di queste persone deve essere sempre in continuo mutamento, senza mai una meta fissa.
    L’identità di questi individui deve adeguarsi al principio: “io sono come voi mi desiderate“.
  3. Questa tipologia di individuo, tende a razionalizzare ogni cosa, senza mai essere profondamente sincero. Sono persone prive di qualsiasi meta che non sia quell’agire fine a se stesso e del guadagno. E non comprendono il senso di un gesto disinteressato.
  4. Quando gli si chiede il perché del loro continuo movimento, tendono a rispondere con razionalizzazioni poco sincere e profonde, come “allo scopo di creare altri posti di lavoro”, oppure “per fare in modo che l’azienda prosperi”.

  5. Dimostrano, inoltre, di non avere alcun tipo di interesse per questioni spirituali o religiose. Dispongono soltanto del loro enorme io, in continuo mutamento. In definitiva, sono persone prive di una vera e propria identità.
  6. Analizziamo il passo seguente:

La supremazia dell’attività mentale cerebrale, manipolatoria, va di pari passo con un’atrofia della vita emozionale. Dal momento che questa non viene coltivata né se ne ha bisogno, ma costituisce piuttosto un ostacolo al funzionamento ottimale, essa è rimasta sottosviluppata, non è mai riuscita a raggiungere un livello di maturità superiore a quella infantile. Ne deriva che i caratteri mercantili sono particolarmente ingenui per quanto attiene ai problemi emozionali; può accadere che si sentano attratti da «individui emozionali» ma, a causa della loro ingenuità, ben di rado sono in grado di giudicare se costoro sono ingenuamente tali o non piuttosto dei simulatori; e questo può servire a spiegare perché tanti simulatori riescono ad aver successo in campo spirituale o religioso, come pure perché uomini politici che fingono forti emozioni esercitino una potente attrazione sul carattere mercantile, e perché questo a sua volta non sia in grado di operare una discriminazione tra una persona genuinamente religiosa e il prodotto delle pubbliche relazioni che simula robuste emozioni religiose.

Erich Fromm, Avere o essere?

7. Questo passo ci offre delle categorie interessanti per analizzare alcuni aspetti della realtà:

  • Com’è possibile che molti “simulatori” vengano considerati artisti?
  • Quanto siamo influenzati noi stessi dal carattere mercantile?

8. Artisti o simulatori?
Nel contesto contemporaneo a molti individui basta mascherarsi da “individui emozionali”. Non è un caso, infatti, che molto spesso chi viene considerato artista, anche a livello globale, tenda ad indossare abiti stravaganti (che ovviamente si conformano sotto lo stesso modello). Rafforzando ancora più l’idea che non si tratti tanto di essere artisti, quando di mascherarsi da tali.

9. Sorge, però, un dubbio: non è che anche noi che crediamo di essere dei veri artisti, in realtà siamo così tanto influenzati dal contesto in cui viviamo da conformarci al carattere mercantile di cui parla Fromm?

10. È lo stesso Fromm a spiegarci che una caratteristica del carattere mercantile sia quella di credersi unico, originale, senza padroni. Quando, nella pratica, diventa un consumatore iper-prevedibile che agisce soprattutto in base alle richieste del contesto.

Per altri contenuti simili puoi controllare il canale YouTube

Per altri articoli:

Categorie
Espressione artistica

Eventi performativi: cosa sono in 10 punti

Tempo stimato di lettura: 3 minuti

Perché parlare di eventi performativi? E perché diventano fondamentali all’interno dell’analisi dell’opera di un artista?

Ecco dieci punti fondamentali per comprendere la questione.

Puoi guardare il video qui sotto, oppure utilizzare il resoconto scritto con i punti principali del ragionamento.

  1. Prima di parlare di eventi performativi è bene premettere che con il termine “performativi” mi rifaccio agli “atti linguistici performativi” di Austin.

Chi era Austin? Guarda il video in cui ne parlo, oppure trovi qui il link per la pagina Treccani.

2. Un atto linguistico performativo è un atto linguistico capace di svolgere un’azione.

Esempio: Se dico: “il sole è giallo”.  Sto solo descrivendo qualcosa. In questo caso, non posso parlare di un atto linguistico performativo.

Se dico: “Ti prometto che domani verrò a casa a tua”. Non sto più descrivendo qualcosa. Attraverso l’articolazione di questa frase sto promettendo qualcosa. Quindi, sto compiendo un’azione.

3. Come gli atti linguistici performativi, anche gli eventi performativi riescono a compiere una “azione” a livello storico. Un evento performativo è un evento che ha segnato così tanto il corso della storia da diventare impossibile da ignorare.

4. Due eventi simili possono essere: La Dichiarazione dei diritti dell’uomo e del cittadino (1789) (punto di vista storico), il cambiamento avvenuto nel sistema dell’arte intorno ai primi decenni del secolo scorso (dal punto di vista artistico).

5. Questi eventi performativi ci aiutano a posizionare l’opera di un artista. E valgono non solo in ambito artistico.

Esempio: se discutendo in ambito politico faccio finta che la Dichiarazione dei diritti dell’uomo e del cittadino del 1789 non sia mai stata redatta, sto creando due possibili scenari:

– Sono ignorante e quindi ignoro l’esistenza della Dichiarazione. Ecco perché diventa fondamentale lavorare su se stessi.

– Conosco bene la Dichiarazione, ma faccio finta di niente tradendo le mie tendenze “iper-conservatrici”.

6. Allo stesso modo, se un’artista contemporaneo utilizza un linguaggio espressivo di un periodo storico passato. Poniamo il caso dell’impressionismo. La sua scelta non può considerarsi del tutto casuale.

7. Significa che, molto probabilmente, non vede di buon occhio i linguaggi artistici contemporanei. La sua scelta diventa molto più critica nei confronti della contemporaneità rispetto a quella di un artista che critica apertamente la contemporaneità ma con dei linguaggi artisti propri del suo tempo.

The Choice, enamel and acrylic on canvas, 50×60, 2020

8. Il ragionamento ci porta, perciò, a comprendere, come in arte il “non detto” sia decisamente importante. A volte molto più importante di ciò che viene dichiarato apertamente.

9. Gli eventi performativi, in conclusione, sono degli eventi polarizzanti: se conosciuti (e quindi avendo il giusto grado di istruzione) pongono i soggetti di fronte a una scelta.

10. Ecco perché parliamo di eventi performativi quasi fossero un’entità attiva. Pur ignorandoli, posizionano il soggetto all’interno di un contesto ben specifico e ne mettono in luce le scelte.

«La libertà è libertà di scegliere, ma non libertà di non scegliere. Non scegliere, infatti, vuol dire scegliere di non scegliere».

Jean-Paul Sartre, L’essere e il nulla.

Per altri contenuti simili puoi controllare il canale Youtube

Per altri articoli:

Categorie
Espressione artistica

Prima la persona e poi l’artista: perché?

Tempo stimato di lettura: 3 min

Perché è importante porre la persona prima dell’artista?
La questione può sembrare contro-intuitiva, perciò ragioniamoci insieme.

Puoi guardare il video qui sotto, oppure utilizzare il resoconto scritto con i punti principali del ragionamento.

1. Creare un’opera d’arte è un’attività in cui il soggetto attivo deve, appunto, agire per creare qualcosa.

2. L’Etica si occupa del comportamento pratico della persona. Ecco perché anche l’arte, in quanto attività, si ritrova al di sotto della sfera di influenza dell’etica.

3. Ogni azione artistica, perciò, è prima di tutto un’azione e necessita di una propria etica.

4. Per agire in modo “artistico”, però, c’è bisogno di un grosso sforzo della persona. L’artista, per diventare tale, deve lavorare su stesso. L’artista deve prima migliorarsi come persona.

5. Se l’artista non si migliorerà come persona, le proprie opere non saranno mai originali. Ogni io è diverso dall’altro, almeno a livello teorico, quindi ogni artista dovrebbe creare delle opere con delle emozioni, dei pensieri e delle visioni del mondo diverse dalle altre.

6. La realtà, però, è ben diversa: osserviamo, infatti, migliaia di artisti che non lavorano su stessi. Non studiano, non ricercano, non si analizzano. Il risultato è il conformismo e l’omologazione al di sotto delle stesse prospettive, degli stessi comportamenti e delle stesse visioni del mondo.

7. A livello teorico, perciò, ogni io è diverso. A livello pratico, invece, è possibile osservare un livellamento dei singoli io al di sotto del conformismo culturale.

8. In un contesto tale, è molto difficile che un artista riesca a creare delle opere originali, perché prima di ogni altra cosa è lui stesso a non essere originale.

9. Per creare un’opera d’arte bisogna avere qualcosa da esprimere. Ma se non si lavora su stessi, si esprimeranno soltanto i pregiudizi e i pensieri dominanti del contesto contemporaneo, dove l’originalità non trova spazio alcuno.

10. In definitiva: per esprimere la propria identità attraverso l’arte, è necessario prima struttura la propria identità; altrimenti si esprimerà il nulla.

L’anima dell’essere umano sotto il capitalismo IV, 100×80, smalto su tela, 2022

Per altri contenuti simili puoi controllare il canale YouTube:

Per altri articoli: