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L’opinione sulla personale presso il Blackshed

Di Antonio Chiarello – Docente area umanistica

Foto di Francesco Turco

Ho recentemente visitato una interessante mostra del giovane pittore Andrea Barnaba Parise, organizzata in un moderno e atipico locale a Cosenza.

Il Blackshed, sito in Via Nicola Serra, è un cocktail bar che ha
tentato l’inedita comunione tra il desiderio di evasione e la cultura.

Un binomio insospettabile in un ambiente giovanile, dove dovrebbe dominare il nichilismo esasperato. Ancora più sorprendente è il tema
scelto: la raffigurazione dell’angoscia contemporanea attraverso la rivisitazione del sacrificio di Cristo.

La mostra è stata inaugurata lo scorso venerdì santo per sottolineare il carattere simbolico dell’evento.

Il quadro con cui inizia la mostra, posto di fronte all’ingresso, è il Cristo in croce.

La croce dalla quale sporge il corpo evanescente, drammaticamente diventato uno sgorbio, si mostra in rilievo. La testa sembra abbandonata nel nulla e le ginocchia protese verso un cielo incredibilmente azzurro in netta contrapposizione con la rappresentazione tradizionale della crocifissione. La scena è raffigurata in vividi colori.

Il bianco dominante trasforma la corporeità in mistica evanescenza, un sudario che nasconde le profonde ferite e l’atrocità del supplizio. Il rosso del sangue che sgorga dalle mani richiama la cresta del gallo che con il suo canto sottolinea il tradimento di Pietro. Nella rievocazione tradizionale, nel momento più sublime del ricongiungimento con il Padre, la terra trema, il cielo si oscura, la natura tutta si ribella per
la grande ingiustizia che si sta consumando.

La convulsione degli elementi sottolinea il dramma dell’umanità per la cui salvezza si è reso necessario di sacrificio del Verbo.


«L’azzurro del cielo terso vuole sottolineare come la tragedia di Cristo sia, sì, dolorosa, ma allo stesso tempo necessaria» — sottolinea il giovane pittore Andrea Barnaba — «Il sacrificio di Cristo è un gesto d’amore che fa parte di un disegno più grande. Ecco perché nel mio Crocifisso ho scelto di non
rappresentare un cielo nuvoloso o tempestoso.»


Proseguendo nella galleria superiore, si resta colpiti dai primi due quadri dove la sofferenza umana del Cristo sottoposto a una terribile prova di crudeltà appare subito evidente per la forma di realismo estetico evidente. Ne seguono altri in cui il dramma di Cristo si confonde con la crisi esistenziale contemporanea.

Ciascuno di essi è in certo qual modo assimilabile alle macchie di colore alla Rorschach, che esprime uno
stato d’animo legato alla sensibilità individuale, alla capacità di compenetrarsi alla difficoltà dell’esistenza.

Sono quadri che esprimono la tragedia umana vissuta dal Cristo, che esprimono non solo il dolore fisico ma soprattutto il dolore morale. La tragedia dell’uomo antico che è anche la tragedia dell’uomo moderno che si trova in croce in questo mondo in cui sembra prevalere il malaffare, l’iniquità e l’ingiustizia.

Soprattutto in alcuni quadri prevale l’oscurità, il buio dietro il quale si nasconde il male. In ognuno di essi vi sono purtuttavia dei piccoli segnali di luce che simboleggiano la capacità che la forza della spiritualità è sempre in grado di risollevare lo spirito.

Viviamo un dramma, ma abbiamo dentro di noi le risorse per poter affrontare le difficoltà e le oscurità dell’essere.

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Espressione artistica

L’arte è inutile?

tempo di lettura: 3 min

Sempre più spesso sentiamo dire che l’arte sia inutile, eppure esprimersi attraverso di essa sembra una delle necessità più naturali in assoluto.

L’utilità è un buon parametro per giudicare l’arte?

Il senso critico può aiutare un’individuo all’interno della propria esistenza?

Ne discuteremo in questo articolo.

Puoi guardare il video qui sotto, oppure utilizzare il resoconto scritto con i punti principali del ragionamento.

  1. Incontrare una persona puramente votata all’arte è quantomai raro. Una persona che abbia sviluppato un acuto senso critico nei suoi confronti.
  2. Non è un caso che il critico d’arte sia uno dei “mestieri” più ostici del mondo. Perché non basta avere la conoscenza, ma anche saperla applicare in diversi contesti. Quello artistico può essere il più contesto criptico in assoluto. Insomma, è risaputo che per essere critici d’arte non basti di certo una laurea in storia dell’arte.
  3. Abituare il proprio spirito critico all’arte significa prepararlo alla vita.
  4. L’arte, infatti, sotto molti aspetti diventa metafora perfetta dalla vita.
  5. Il filosofo esistenzialista Gabriel Marcel, ad esempio, sosteneva che non si possa parlare della vita come un problema.  La vita, continuava Marcel, non è un qualcosa che troviamo di fronte, al contrario noi siamo immersi nella vita, siamo parte della vita. Diventa impossibile analizzarla con distacco. Ecco perché la vita si manifesta soprattutto come mistero (Marcel, Essere e Avere, 1935).
  6. La scienza, al contrario, con la sua tendenza ad oggettivare gli elementi che prende in considerazione, tende a creare una spartizione netta tra oggetto e soggetto, in modo tale da analizzarlo in maniera asettica.
  7. L’opera d’arte è tanto misteriosa come la vita. Forse, però, è già possibile definirla un problema. L’opera, infatti, è normalmente qualcosa che ci sta avanti.
  8. Si tratta di abituare la nostra sensibilità e il nostro occhio ad interpretare un microsistema da cui riusciamo, molte volte, a ottenere una visione d’insieme.
  9. L’abitudine a sviluppare una visione d’insieme è quanto di più utile possa esistere per condurre la propria esistenza e per cogliere la meraviglia del creato. Osservare una foresta e cogliere delle metafore, o semplicemente il caotico ordine in cui si dispongono gli alberi, ci aiuta a vivere in modo molto più profondo e intenso.
  10. Sviluppare un senso critico artistico, infatti, significa soprattutto allenarsi a entrare in rapporto con ciò che ci circonda, senza rimanere perennemente distaccati.
  11. Significa aver la possibilità di entrare in comunione con il creato, cogliendone i misteri. Perché lo spirito critico nasce e si potenzia solo attraverso la meraviglia.
  12. In definitiva, allenare il proprio senso critico attraverso l’arte, significa imparare a interrogarsi su ciò che abbiamo di fronte: che sia un albero, una stella, o la propaganda.

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Espressione artistica

L’arte contemporanea è vuota?

Tempo di lettura: 4 minuti

Hai mai avuto la sensazione che l’arte contemporanea sia vuota?

Hai mai dubitato della validità di un’opera esposta in un museo?

Se è così, questo articolo fa al caso tuo.

Ci interrogheremo circa la ricerca artistica e come questa viene interpretata da una grossa parte della scena internazionale.

Puoi guardare il video qui sotto, oppure utilizzare il resoconto scritto con i punti principali del ragionamento.

  1. Oscar Wilde scriveva: «technique is really personality», ovvero: «la tecnica è in realtà personalità» (Wilde, Il critico come artista).
  2. Questo spunto di Wilde è un buon punto di partenza per condurre un ragionamento intorno alla ricerca artistica.
  3. La personalità dell’artista, è quasi ovvio, svolge un ruolo centrale all’interno di ogni ricerca.
  4. La ricerca, però, dovrebbe tendere verso l’espressione di contenuti nel modo più onesto possibile. Lo stile, la novità e l’originalità sono soltanto gli effetti collaterali di tale percorso, non il suo fine ultimo.
  5. Ecco perché Wilde associa la tecnica alla personalità: la tecnica, ovvero il modo in cui un artista si approccia all’opera, dovrebbe svilupparsi naturalmente seguendo la sua personalità.
  6. Se un artista sarà stato capace ci lavorare su se stesso e esprimere appieno la propria personalità, va da sé che le sue opere risulteranno anche contraddistinte da una luce peculiare.
  7. La situazione dell’arte contemporanea appare in larga parte agli antipodi. La “ricerca artistica” sembra sempre più finalizzata alla necessità della novità a tutti i costi. Questo comporta uno stravolgimento del giudizio del punto 4.
  8. Cosa mi sembra contrapporsi in modo deciso a questa logica perversa?
    Un esempio può essere il modo di operare degli artisti medioevali e rinascimentali.
  9. Nell’arte di questi due periodi storici osserviamo quasi sempre le stesse scene, perlopiù di stampo cristiano. L’artista non desiderava sconvolgere il pubblico o ricercare la novità. Aveva una scena da sviluppare, come l’Annunciazione, e cercava di farlo nel miglior modo possibile.
  10. Ma forse per questo l’Annunciazione di Leonardo (immagine precedente) non fu una novità?
    Forse per questo l’Annunciazione di Botticelli non è contraddistinta dal suo stile peculiare? (immagine successiva)

10. Chiunque ha visitato delle mostre dalla dubbia validità artistica. Mostre che presentavano soltanto una serie di “trovate”. Molti artisti, infatti, sgomitano per mostrarsi originali nella speranza di portare delle novità, non rendendosi conto di alimentare un sistema nichilistico sempre più autoreferenziale.

11. Questi artisti non fanno che fomentare l’impressione che l’arte contemporanea sia vuota.

12. In conclusione, sarebbe giusto chiedersi: chi mai cercherebbe l’originalità a tutti costi, se non chi non è originale?

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Pratica artistica

La tragedia dell’uomo di qualità: il crocifisso

Tempo di lettura stimato: 3 minuti

Nell’articolo precedente abbiamo ragionato sulla tragedia dell’uomo di qualità. Ora è il momento di dare uno sguardo all’opera prodotta partendo da questi ragionamenti.

Nel caso in cui non tu l’abbia letto, ti consiglio di recuperare l’articolo precedente. Puoi farlo cliccando direttamente qui.

Puoi guardare il video qui sotto, oppure utilizzare il resoconto scritto con i punti principali del ragionamento.

  1. Erano più di due anni che non dipingevo qualcosa di figurativo. Avevo relegato la mia produzione figurativa all’interno della digital art. Non per una scelta ideologica, quanto perché l’astratto in digitale mi ha sempre lasciato una enorme sensazione di vuoto.
  2. Per esprimere la tragedia dell’essere umano di cui parlo nell’articolo precedente, ho utilizzato una figura classica: Il Crocifisso.
    Questo per due motivi fondamentali:
    • Cristo crocifisso fa parte di un topos ben specifico che rimanda alla virtù punita. Credo siano ascrivibili all’interno di questo topos anche le figure di Laocoonte e Socrate.
    • Come spiegato nell’articolo precedente, le riflessioni intorno alla tragedia dell’essere umano sono partite dalla morte di Ratzinger, quindi l’orizzonte generale è di stampo cristiano.
  3. Ho, perciò, utilizzato i miei gesti informali, per creare un movimento tendente verso il basso all’interno della struttura dell’opera.

4. Il movimento del Cristo che tende verso il basso rappresenta la pressione sociale che deve subire l’uomo di qualità all’interno del proprio contesto di riferimento.

5. Non è soltanto il sangue, infatti, a sgorgare verso il basso. È tutta la figura ad essere protesa, quasi sospinta, verso l’angolo in basso a sinistra.

6. La Crocifissione, così, diventa simbolo della dolorosa sorte di chiunque voglia evitare di scendere a troppi compromessi fino a tradire la propria natura.

7. Da un lato, perciò, la crocifissione è simbolo di violenza, di tortura e morte. Dall’altro, invece, rappresenta la forza d’animo e il coraggio di chi, nonostante le difficoltà, ha deciso di rimanere saldo sulla propria strada.

8. Va specificato che non si tratta di una visione elitaria che divide il mondo in migliori e peggiori. Deve essere chiaro che ognuno può diventare un essere umano di qualità attraverso il lavoro su se stesso.

9. L’opera, inoltre, prende spunto da un altro Crocifisso, quello del maestro Italo Bolano. (Puoi trovarlo qui, sul sito ufficiale dell’artista)

10. La croce nella mia opera, in conclusione, sintetizza due forze contrarie. Per quanto sia tragica e violenta, è anche ciò che permette al Cristo di rimanere in alto.

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Pratica artistica

La tragedia dell’uomo di qualità: la morte che ispira

Tempo di lettura: 3 minuti

Lo scorso 31 dicembre è venuto a mancare uno dei grandi protagonisti della contemporaneità: Joseph Ratzinger.

È successo proprio l’ultimo dell’anno, qualche ora prima dei festeggiamenti di capodanno. La notizia ha colto tutti impreparati, sia credenti che laici.

In questo articolo troverai una serie di meditazioni che mi hanno accompagnato verso la realizzazione di un’opera a proposito della tragedia dell’uomo di qualità.

Opera che, a sua volta, ha ispirato un’intera serie di altri lavori.

Puoi guardare il video qui sotto, oppure utilizzare il resoconto scritto con i punti principali del ragionamento.

  1. Per tutta una serie di pregiudizi, devo ammettere di non avere considerato in maniera troppo approfondita la figura di Ratzinger. Ma quando ho saputo della sua morte, ho subito sentito una sensazione indefinibile. Che mi ha accompagnato per qualche giorno.
  2. Ho recuperato qualche suo scritto e anche dei suoi interventi li ho trovati molti confortanti. Per un aspetto molto specifico a cui arriverò tra poco.
  3. Mi sembra che Ratzinger sia caduto vittima di una grande fraintendimento, che non ha permesso alla maggioranza della popolazione di coglierne la natura rivoluzionaria. Fraintendimento che ben rappresenta la tragedia dell’uomo di qualità.
  4. Se date uno sguardo a questo video, capirete senza mezzi termini quanto fosse rivoluzionario. E il video è quanto mai calzante, perché si presta, a sua volta, a fraintendimenti. Considerato che il titolo è: Card. Ratzinger: “La Chiesa non è una democrazia”.
  5. Un titolo simile può far pensare che Ratzinger abbia proposto una tesi iper-conservatrice, invece la situazione è completamente opposta. Ratzinger crede che la Chiesa non sia una democrazia e che proprio per questo abbia tanto da migliorare.
    • Per quanto riguarda gli argomenti specifici del video, vi lascio al link di rifermento. Sono temi molto complessi che non mi interessa sviluppare in questo luogo.
  6. Arrivo, invece, al nocciolo della questione:
    Data la situazione culturale del nostro paese, è ormai prassi che le posizioni di potere vengano ricoperte da gente non troppo qualificata (purtroppo).
  7. Ecco perché riscoprire la figura di Ratzinger è stato sorprendente. Mi ha dato un po’ di speranza. Ovvero: è ancora possibile che una persona colta e posata possa ricoprire dei ruoli di estrema responsabilità.
  8. Nonostante queste eccezioni, però, le persone di qualità non hanno di certo una vita semplice. Si trovano sempre nella necessità di scendere a compromessi, in modo tale da accontentare il contesto generale.
  9. Da questo punto di vista Ratzinger è stato stupefacente. Da Papa, quando un ragazzino gli poneva delle domande, rispondeva con argomenti complessi. Magari citando Anselmo d’Aosta o S. Agostino. Quasi a voler abituare il proprio interlocutore a un livello alto.
  10. È stato un sapiente capace di non abbassare il proprio il livello, senza per questo peccare di superbia.
  11. Ecco perché la sua morte mi ha fatto pensare a una delle grande tragedie del contesto contemporaneo: la tragedia dell’uomo di qualità. (Una tragedia che trascende i limiti del contemporaneo, ma che all’interno di questo contesto assume i suoi connotati ben specifici).

Se ti interessa sapere quale sia l’opera prodotta a partire da queste riflessioni puoi continuare qui

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Espressione artistica

Artisti o simulatori? Educarsi all’emozione

Tempo stimato di lettura: 4 minuti

Il confine tra artisti e simulatori sembra molto labile.

Perché soprattutto oggi diventa importante educarsi alla vita emozionale?

Perché si ha sempre più spesso la sensazione che molti siano considerati artisti senza un vero e proprio merito in ambito artistico?

In questo articolo troverai una riflessione che parte da alcune categorie elaborate da Erich Fromm all’interno di Avere o Essere?.

Puoi guardare il video qui sotto, oppure utilizzare il resoconto scritto con i punti principali del ragionamento.

  1. Fromm evidenzia lungo tutte le sue opere come il contesto capitalistico contemporaneo tenda a conformare il carattere dei singoli individui.
    Il risultato di questo conformismo è quello che lui definisce carattere mercantile.
  2. Il carattere mercantile non permette alle persone di sviluppare un vero e proprio io. O meglio: il carattere mercantile ha bisogno di un io smisurato ed egoistico, colmo di avidità, però deve sempre rispondere alle richieste del mercato. Quindi l’io di queste persone deve essere sempre in continuo mutamento, senza mai una meta fissa.
    L’identità di questi individui deve adeguarsi al principio: “io sono come voi mi desiderate“.
  3. Questa tipologia di individuo, tende a razionalizzare ogni cosa, senza mai essere profondamente sincero. Sono persone prive di qualsiasi meta che non sia quell’agire fine a se stesso e del guadagno. E non comprendono il senso di un gesto disinteressato.
  4. Quando gli si chiede il perché del loro continuo movimento, tendono a rispondere con razionalizzazioni poco sincere e profonde, come “allo scopo di creare altri posti di lavoro”, oppure “per fare in modo che l’azienda prosperi”.

  5. Dimostrano, inoltre, di non avere alcun tipo di interesse per questioni spirituali o religiose. Dispongono soltanto del loro enorme io, in continuo mutamento. In definitiva, sono persone prive di una vera e propria identità.
  6. Analizziamo il passo seguente:

La supremazia dell’attività mentale cerebrale, manipolatoria, va di pari passo con un’atrofia della vita emozionale. Dal momento che questa non viene coltivata né se ne ha bisogno, ma costituisce piuttosto un ostacolo al funzionamento ottimale, essa è rimasta sottosviluppata, non è mai riuscita a raggiungere un livello di maturità superiore a quella infantile. Ne deriva che i caratteri mercantili sono particolarmente ingenui per quanto attiene ai problemi emozionali; può accadere che si sentano attratti da «individui emozionali» ma, a causa della loro ingenuità, ben di rado sono in grado di giudicare se costoro sono ingenuamente tali o non piuttosto dei simulatori; e questo può servire a spiegare perché tanti simulatori riescono ad aver successo in campo spirituale o religioso, come pure perché uomini politici che fingono forti emozioni esercitino una potente attrazione sul carattere mercantile, e perché questo a sua volta non sia in grado di operare una discriminazione tra una persona genuinamente religiosa e il prodotto delle pubbliche relazioni che simula robuste emozioni religiose.

Erich Fromm, Avere o essere?

7. Questo passo ci offre delle categorie interessanti per analizzare alcuni aspetti della realtà:

  • Com’è possibile che molti “simulatori” vengano considerati artisti?
  • Quanto siamo influenzati noi stessi dal carattere mercantile?

8. Artisti o simulatori?
Nel contesto contemporaneo a molti individui basta mascherarsi da “individui emozionali”. Non è un caso, infatti, che molto spesso chi viene considerato artista, anche a livello globale, tenda ad indossare abiti stravaganti (che ovviamente si conformano sotto lo stesso modello). Rafforzando ancora più l’idea che non si tratti tanto di essere artisti, quando di mascherarsi da tali.

9. Sorge, però, un dubbio: non è che anche noi che crediamo di essere dei veri artisti, in realtà siamo così tanto influenzati dal contesto in cui viviamo da conformarci al carattere mercantile di cui parla Fromm?

10. È lo stesso Fromm a spiegarci che una caratteristica del carattere mercantile sia quella di credersi unico, originale, senza padroni. Quando, nella pratica, diventa un consumatore iper-prevedibile che agisce soprattutto in base alle richieste del contesto.

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Espressione artistica

Eventi performativi: cosa sono in 10 punti

Tempo stimato di lettura: 3 minuti

Perché parlare di eventi performativi? E perché diventano fondamentali all’interno dell’analisi dell’opera di un artista?

Ecco dieci punti fondamentali per comprendere la questione.

Puoi guardare il video qui sotto, oppure utilizzare il resoconto scritto con i punti principali del ragionamento.

  1. Prima di parlare di eventi performativi è bene premettere che con il termine “performativi” mi rifaccio agli “atti linguistici performativi” di Austin.

Chi era Austin? Guarda il video in cui ne parlo, oppure trovi qui il link per la pagina Treccani.

2. Un atto linguistico performativo è un atto linguistico capace di svolgere un’azione.

Esempio: Se dico: “il sole è giallo”.  Sto solo descrivendo qualcosa. In questo caso, non posso parlare di un atto linguistico performativo.

Se dico: “Ti prometto che domani verrò a casa a tua”. Non sto più descrivendo qualcosa. Attraverso l’articolazione di questa frase sto promettendo qualcosa. Quindi, sto compiendo un’azione.

3. Come gli atti linguistici performativi, anche gli eventi performativi riescono a compiere una “azione” a livello storico. Un evento performativo è un evento che ha segnato così tanto il corso della storia da diventare impossibile da ignorare.

4. Due eventi simili possono essere: La Dichiarazione dei diritti dell’uomo e del cittadino (1789) (punto di vista storico), il cambiamento avvenuto nel sistema dell’arte intorno ai primi decenni del secolo scorso (dal punto di vista artistico).

5. Questi eventi performativi ci aiutano a posizionare l’opera di un artista. E valgono non solo in ambito artistico.

Esempio: se discutendo in ambito politico faccio finta che la Dichiarazione dei diritti dell’uomo e del cittadino del 1789 non sia mai stata redatta, sto creando due possibili scenari:

– Sono ignorante e quindi ignoro l’esistenza della Dichiarazione. Ecco perché diventa fondamentale lavorare su se stessi.

– Conosco bene la Dichiarazione, ma faccio finta di niente tradendo le mie tendenze “iper-conservatrici”.

6. Allo stesso modo, se un’artista contemporaneo utilizza un linguaggio espressivo di un periodo storico passato. Poniamo il caso dell’impressionismo. La sua scelta non può considerarsi del tutto casuale.

7. Significa che, molto probabilmente, non vede di buon occhio i linguaggi artistici contemporanei. La sua scelta diventa molto più critica nei confronti della contemporaneità rispetto a quella di un artista che critica apertamente la contemporaneità ma con dei linguaggi artisti propri del suo tempo.

The Choice, enamel and acrylic on canvas, 50×60, 2020

8. Il ragionamento ci porta, perciò, a comprendere, come in arte il “non detto” sia decisamente importante. A volte molto più importante di ciò che viene dichiarato apertamente.

9. Gli eventi performativi, in conclusione, sono degli eventi polarizzanti: se conosciuti (e quindi avendo il giusto grado di istruzione) pongono i soggetti di fronte a una scelta.

10. Ecco perché parliamo di eventi performativi quasi fossero un’entità attiva. Pur ignorandoli, posizionano il soggetto all’interno di un contesto ben specifico e ne mettono in luce le scelte.

«La libertà è libertà di scegliere, ma non libertà di non scegliere. Non scegliere, infatti, vuol dire scegliere di non scegliere».

Jean-Paul Sartre, L’essere e il nulla.

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Espressione artistica

Prima la persona e poi l’artista: perché?

Tempo stimato di lettura: 3 min

Perché è importante porre la persona prima dell’artista?
La questione può sembrare contro-intuitiva, perciò ragioniamoci insieme.

Puoi guardare il video qui sotto, oppure utilizzare il resoconto scritto con i punti principali del ragionamento.

1. Creare un’opera d’arte è un’attività in cui il soggetto attivo deve, appunto, agire per creare qualcosa.

2. L’Etica si occupa del comportamento pratico della persona. Ecco perché anche l’arte, in quanto attività, si ritrova al di sotto della sfera di influenza dell’etica.

3. Ogni azione artistica, perciò, è prima di tutto un’azione e necessita di una propria etica.

4. Per agire in modo “artistico”, però, c’è bisogno di un grosso sforzo della persona. L’artista, per diventare tale, deve lavorare su stesso. L’artista deve prima migliorarsi come persona.

5. Se l’artista non si migliorerà come persona, le proprie opere non saranno mai originali. Ogni io è diverso dall’altro, almeno a livello teorico, quindi ogni artista dovrebbe creare delle opere con delle emozioni, dei pensieri e delle visioni del mondo diverse dalle altre.

6. La realtà, però, è ben diversa: osserviamo, infatti, migliaia di artisti che non lavorano su stessi. Non studiano, non ricercano, non si analizzano. Il risultato è il conformismo e l’omologazione al di sotto delle stesse prospettive, degli stessi comportamenti e delle stesse visioni del mondo.

7. A livello teorico, perciò, ogni io è diverso. A livello pratico, invece, è possibile osservare un livellamento dei singoli io al di sotto del conformismo culturale.

8. In un contesto tale, è molto difficile che un artista riesca a creare delle opere originali, perché prima di ogni altra cosa è lui stesso a non essere originale.

9. Per creare un’opera d’arte bisogna avere qualcosa da esprimere. Ma se non si lavora su stessi, si esprimeranno soltanto i pregiudizi e i pensieri dominanti del contesto contemporaneo, dove l’originalità non trova spazio alcuno.

10. In definitiva: per esprimere la propria identità attraverso l’arte, è necessario prima struttura la propria identità; altrimenti si esprimerà il nulla.

L’anima dell’essere umano sotto il capitalismo IV, 100×80, smalto su tela, 2022

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